Campagna per lo Yemen

Da oggi si parte con la campagna per lo Yemen, raccontata da un ottimo fotoreporter @manubrabo che si è recato alla Open Mission per poter documentare la più grande crisi umanitaria del mondo, raccontando con le sue fotografie ciò che non si vede spesso. Manu con la sua macchina fotografica si è avvicinato alle persone che vivono il settimo anno di guerra, in un Paese dove tutti i servizi sono al collasso, soprattutto quelli sanitari. Lo
Yemen, un paese con 20,7 milioni di persone in disperato bisogno, 1 bambino su 4 soffre di malnutrizione acuta. 16 milioni di bambini sono ridotti allo sfinimento e alla fame, il 92% della popolazione non ha reddito o vive con meno di 40 dollari al mese. Tutti i servizi di base sono al collasso, 1/3 degli ospedali opera con scarso accesso ai farmaci. Il 60% della popolazione non ha acqua, muore di colera, malaria, covid, di fame, in un paese dilaniato dalla guerra. Con bellissime foto nella loro straziante tristezza, ogni giorno vi porteremo una nuova storia dai luoghi che il fotoreporter Manu ha visitato e documentato. Il suo lavoro ci dà un grande aiuto per continuare la missione in Yemen con tre progetti, come l'apertura di una clinica con cure mediche per coloro che non hanno accesso alle cure mediche. Nella nostra missione ci saranno anche due campi profughi. Ci auguriamo che ci darete supporto per poter dare speranza e servizi adeguati alle persone più vulnerabili.
A woman holds her malnourished baby while waiting at the admission room of the malnourished pavilion of the Al Sadaka Hospital in Aden, Yemen, September, 2021. (Manu Brabo) https://www.instagram.com/manubrabo/ 

 

From today we start with the campaign for Yemen, told by an excellent photojournalist @manubrabo who went to the Open Mission to be able to document the biggest humanitarian crisis in the world, telling with his photographs what is not often seen.
Manu with his camera approached the people who live the seventh year of war, in a country where all services are in collapse, especially health services,

Yemen, a country with 20.7 million people in dire need, 1 in 4 children suffering from acute malnutrition. 16 million children are reduced to exhaustion and hunger, 92% of the population has no income or lives on less than $ 40 a month. All basic services are in collapse, 1/3 of hospitals operate with little access to drugs. 60% of the population has no water, they die of cholera, malaria, covid, of starvation in a war-torn country.
With beautiful photos in their heartbreaking extremely sadness, every day we will bring you a new story from places which  photojournalist Manu visited and documented. His work gives us great help to continue the mission in Yemen with three projects, such as opening a clinic with medical treatment. for those without any  access to medical care. In our mission will be  also two refugee camps. We hope you will give us support to be able to give hope and adequate services to the most vulnerable people. 
We are thankful to Manu Brabo and staff who visited Yemen.

A woman holds her malnourished baby while waiting at the admission room of the malnourished pavilion of the Al Sadaka Hospital in Aden, Yemen, September, 2021. (Manu Brabo)



 

Nuove divise scolastiche per i nostri Bambini

L’istruzione è l’arma più potente che possiamo usare per cambiare il mondo

In questa citazione Nelson Mandela sapeva esattamente di cosa stava parlando:
ancora oggi la conoscenza e l’istruzione rappresentano elementi chiave decisivi per far sì che una nazione si sviluppi.


La conoscenza è un diritto fondamentale di ogni bambino
per combattere il male dell’ignoranza e per portare le popolazioni ad un nuovo livello di emancipazione.


Grazie a tutti i nostri sostenitori per aver permesso tutto questo.
OSNM combatte ogni giorno per garantire:
Salute, Istruzione, Nutrizione e Felicità.
Insieme si può

Lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi

Al Presidente del Consiglio Mario Draghi,

Ai partiti di maggioranza del Parlamento italiano,

Noi di Operatori Sanitari nel Mondo ed altre due organizzazioni umanitarie, chiediamo un incontro con il governo italiano per poter avere la possibilità di discutere riguardo la situazione drammatica nelle carceri libiche; in particolare, riguardo le violenze delle minori somale affinché l’Italia prenda una posizione netta contro gli abusi, le violenze e la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo.
In vero, la Libia non è ritenuto un paese sicuro né dall’Onu né dalla procura generale dell’Aja, né da nessuna organizzazione per i diritti umani.
Inoltre, i crimini e gli orrori commessi nelle carceri libiche sono statiaccertati e ampiamente documentati dalla stessa UNHRC e da numerose organizzazioni internazionali.
Secondo gli analisti Onu, riguardo un rapporto sul centro di detenzione ufficiale di Shara’ al-Zawiya, i centri di detenzione governativi e non governativi di Tripoli sono “uno snodo per i traffici illeciti, dove i migranti sono soggetti a varie forme di abusi:

“sfruttamento sessuale, violenze, pestaggi, fame ed altri trattamenti degradanti”.

Tuttavia, la situazione sembra divenire sempre più pericolosa e preoccupante negli ultimi tempi, soprattutto riguardo le giovani donne provenienti dalla Somalia .
D’altronde, numerosi reportage giornalistici e relazioni di organizzazioni umanitarie, hanno denunciato fatti gravissimi compiuti dai carcerieri che, avrebbero il dovere di proteggere le giovani donne .
In particolare, si apprende di due minorenni somale che, dopo reiterate violenze sessuali e torture disumane da parte dei carcerieri, tentano più volte il suicidio.

Noi come organizzazione umanitaria siamo a conoscenza di molte storie, strazianti ed inaccettabili, di alcune migranti alle quali abbiamo prestato assistenza.

Pertanto, vogliamo sottoporre alla Vostra attenzione la storia, a lieto fine, di una giovane della Sierra Leone, che può essere testimonianza dei crimini commessi nei campi governativi libici .
M.K. fu portata in Tunisia, dopo un naufragio, da una nave di salvataggio, in cui persero la vita 53 persone.
L’equipaggio di salvataggio portò la giovane donna e un bambino di sei anni, rimasto orfano, in un ospedale di Tunisi con la promessa di ritornare a riprenderli dopo 3 giorni.
Tuttavia, l’equipaggio non fece ritorno. M.K, quindi, fece domanda d’asilo e dopo otto mesi di attesa, ebbe risposta negativa. Per tale ragione, la giovane donna fu costretta a
ritornare in Libia nei campi di al-Zawiya.
M.K. arrivò al campo nel 2018, insieme ad altre quattro donne giovanissime e fu chiesto loro un riscatto di 1000 euro.
La giovane, tuttavia, non aveva la possibilità di pagare e per questo,fu torturata e violentata dai carcerieri.
Dopo alcuni mesi, la ragazza seppe di essere rimasta incinta di due gemelli in seguito ad uno stupro.
Nonostante la gravidanza, però, M.K. veniva violentata tutti i giorni.
Questo era il prezzo da pagare per avere un po’ di cibo, per potere andare in bagno e per potere essere lasciti in pace per un po’.
Nel campo di al-Zawiya, c’erano anche altre giovani donne in gravidanza che venivano abusate.
“La notte, ricorda M.K., si sentivano pianti ed urla disumane provenienti dalla “stanza delle torture ”.
Una notte, addirittura, una sua compagna fu lasciata partorire da sola, fuori dal campo, e del piccolo neonato non si ebbero più notizie dopo la sua nascita.
Tuttavia, le condizioni di salute di M.K si aggravarono e fu portata in Tunisia, dove trovò l’assistenza di un medico di nome Dr Mongi Slim.
Il dottore della Mezzaluna Rossa tunisina fu per lei un sostegno medico ma soprattutto umano.
Durante la sua permanenza in ospedale, la giovane incontrò una giornalista svedese che decise di salvarle la vita, aiutandola a riaprire il suo fascicolo tramite UNHCR.
Nel 2019 M.K. ottenne lo stato di rifugiata in Svezia e da allora aspetta di essere insediata insieme ai suoi figli.
Ci domandiamo, quindi, alla luce di questi orrori commessi, come un governo può tradire, attraverso il memorandum d’intesa Italia – Libia, i valori fondamentali che il nostro ordinamento tutela e la nostra Costituzione difende.
Inoltre, siamo preoccupati anche del nuovo Patto Europeo, siglato nel 2018, dove il rafforzamento di politiche di gestione delle frontiere esterne, per mezzo di paesi terzi, porterà una repressione maggiore dei diritti dei migranti e dei diritti che la stessa Ue e la Cedu tutelano.
Di fronte all’orrore delle torture e delle violenze fisiche che le donne subiscono tutti giorni, noi non vogliamo chiudere gli occhi ma ci sentiamo in dovere di lottare e di chiedere al Parlamento italiano di prendere posizione contro i lager libici, di interrompere i finanziamenti e le missioni di addestramento alla cd.  Guardia costiera Libica

Distinti saluti

Operatori Sanitari nel Mondo